INGE
INGE
Le macerie sono
state il mio battesimo.
Presto
ho dormito con
la Morte.
Con le sue
labbra sudicie
che mi toccavano
il collo
e un cane
che mi mordeva
dalla parte della vita.
Con i cadaveri
di papà e mamma,
ho dormito.
Respirando
argilla.
Come se la
guerra fosse
uno
stiracchiarsi della terra.
Le macerie mi
hanno deflorata.
Sono stata una
vergine vivisezionata
dalle tragedie
domestiche.
In una stanza
calante senza luna
sono diventata
invisibile.
Rinchiusa.
Suonando la fisarmonica
come chi suona
la testa amata
del vento,
sono diventata
invisibile.
Con i piedi
impigliati
nelle serpentine
nere delle mie poesie.
Ho voluto morire
come una Jüdin
per sanare la
mia nascita
nella trincea di
quelli che umiliano.
Come una Jüdin invisibile.
Ho respirato il
fetore dell’Olocausto
in una piccola
cucina.
Nessuno mi ha
mai chiesto se ero felice.
De "Un rayo a tiempo", El Mensú Ediciones (2018)
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