ASSIA
ASSIA
“Sylvia mi sta crescendo dentro, enorme,
magnifica. E io mi sto seccando,
rimpicciolendo. Entrambi mi finiscono a morsi. Si nutrono di me”.
Sylvia è morta e io sono una
diavolessa
seduta sulle sue poltrone.
Tocco la testa dei suoi figli
con le mie unghie pitturate
d’arancione.
Tocco la bocca di suo marito
con la mia vulva spessa e
ardente.
Sylvia è morta e io sono una
strega.
In un bosco russo, un calderone
in cui bollono
i miei feti abortiti.
Sylvia è morta ma a volte
quando Ted ed io siamo nudi.
Entra con quell’aria da
cadavere che detesto.
Io mi copro la bocca, mi copro
il sesso,
mi copro il cielo.
Entra con la scusa di prendere
delle poesie
che ha dimenticato nella nostra
nudità.
A volte rimane tutta la notte.
Sylvia è morta ma sono io
che comincio a decompormi.
Lei cresce tra le gambe del
mio/suo uomo.
Io mi rimpicciolisco
come un coniglio spaventato.
Ted mi dice che se ne va,
ma Sylvia resta.
Gira il rubinetto del gas,
apre la porta del forno.
È lei che trascina il letto
fino alla cucina,
lei che stende la mia bimba
nella barca del naufragio.
Lei che mi prepara il bicchiere
di whisky,
le pasticche.
Sa che la sua giacca di vedova
d’amore
mi sta grande.
Sylvia è morta e sono morta
anch’io.
Ora siamo pari, invece no.
Lei continua a crescere,
una lunga poesia bionda
diventata tragedia.
Io mi rimpicciolisco.
Mi rimpicciolisco.
Puttana, amante, niente.
De "Un rayo a tiempo", El Mensú Ediciones (2018)
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